Se devo pensare a un colore che definisca la Slovenia, penso al verde.

Non ostante la bandiera della piccola Republika Slovenija sia bianca blu e rossa, per me la Slovenia è verde.

Certo, non è tutta una monocromia da Nova Gorica alle pianure orientali, no: c’è il rosso dei tetti dei grossi “grad” – i castelli – e delle case rinascimentali e ottocentesche di Skofia Loka, di Ptuj e di Maribor, o quello più brillante delle guglie dei campanili delle chiese sparse per la campagna che sembrano tanto simili alle chiese austriache (perché sono parenti stretti, queste e quelle hanno la medesima storia asburgica alle spalle). Ci sono le policromie degli edifici primo-novecenteschi delle strade di Lubiana in stile liberty (meglio dire Sezession, roba asburgica anche qui); e ci sono i blu i gialli gli arancioni i viola violenti e un po’ pacchiani di certe villette di paese che sono veri “pugni negli occhi” per chi vi passa accanto ma al contempo non puoi fare a meno di osservarle e fotografarle.

Però la Slovenia per me è verde. Verdi. Quello scuro delle abetaie delle terre alpine occidentali, monti e torrenti fra il confine italiano e Lubiana; un verde di montagna fresco e silenzioso che si alterna al verde chiaro dei prati tenuti a pascolo che spezzano la successione dei boschi (terre di lupi, orsi e linci, anche se noi abbiamo visto solo qualche fugace capriolo) e a quello trasparente dei torrenti pieni di trote e di cascate; poi c’è il verde dei vigneti a est, su un susseguirsi di colline che mi facevano pensare all’Alto Monferrato, vigne in filari poi frutteti poi boschetti poi campi di orzo e grano poi altri vigneti e altri boschetti e altri…

Di qui e di là una congerie di piccole città e di paeselli, sui crinali dei colli o nascosti fra i boschi, le città più grandi lungo i fiumi. Due milioni di abitanti su una nazione grande come la Puglia, 300.000 stanno nella capitale, altri 100.000 a Maribor, gli altri si spargono fra le brevi coste istriane e la pianura pannonica che diventa Ungheria in qualche città mai più grande di 40.000 abitanti (meno di Imperia) e in una moltitudine di paesi.

La capitale Lubiana è una gradevolissima, graziosa città simil-austriaca, dove noi siamo capitati in un afoso ma animatissimo sabato pieno di mercati alimentari, mercatini di produttori di vino, esibizioni di costumanti e mùsici, insomma, una gran bella animazione.
Una città che mi ha fatto ricordare con una certa tenerezza il defunto professor Pieter Krempl dell’AVL di Graz, azienda austriaca con cui collaborammo a lungo ai tempi dell’università e del progetto Gapocryst, robe di scienza dei materiali in microgravità. Il buon Krempl a cui un giorno girando per Graz – era il 1999 o il 2000 – chiesi da dove provenissero gli immigrati stranieri che vivono in Austria e lui mi rispose “mainly from the provinces of the Empire” / principalmente dalle provincie dell’Impero, sottintendendo Austro-Ungarico, quello distrutto dalla prima guerra mondiale 80 anni prima ma che evidentemente ancora viveva nei cuori degli austriaci puri e duri. Ecco, Lubiana mi è apparsa come una “città dell’impero” e mi ha fatto pensare a Krempl, timido borghese asburgico, amante del vino Muskatella e della mia guida di Genova edita dalla Sagep… Divagazioni, chiedo scusa.

La natura…. ok le città, specie Lubiana ma anche Gorizia/Nova Gorica bizarra città col confine che passa a metà delle piazze e delle strade, sia benedetto il trattato di Schengen che ha abolito le frontiere, e anche le città più orientaleìi maggiormente “slave” nell’aspetto, e anche la veneziana Capodistria/Koper grigia di temporale. Ok le città ma la natura slovena è ciò che più merita attenzione: il romantico lago di Bled dove ci si muove solo a remi – inevitabilmente aitante il giovanotto che ha spinto a forza di voga la barca stile Renzo-e-Lucia con una diciottina di turisti a bordo sino all’isolotto con la chiesetta e ritorno; lo scrosciante verdissimo torrente Vintgar con le sue cascate e i bellissimi “orridi” da percorrere; i laghetti piccini e riposanti del parco naturale lassù nell’estremo nord-est (nome? Non ricordo) coi sentieri che li periplano pianeggianti e ombrosi; le strade bianche che si sperdono nei boschi, io caprioli nei campi e le cicogne coi nidi sui pali…

Natura anche le enormi spettacolari grotte di Postumia, benché troppo affollate di turisti (solito discorso altezzoso: e noi, io + Donatella + la fedele compagna di viaggio Anna, archiatra omeopata, cos’eravamo? Turisti pure noi, no? E quindi anche noi nel nostro piccolo creavamo quella folla che tanto ci disturbava. Vero, ma è la solita faccenda del vedere più la pagliuzza nell’occhio altrui…)
E natura anche i bianchi cavalli di Lipizza (asburgici, naturalmente) al pascolo liberi fra le querce del Carso o a riposo nelle stalle (asburgicissime le loro stalle e le carrozze).

In generale, la percezione che ne abbiamo avuto è quella di una nazione, di un popolo, che alla sua natura ci tiene e cerca di preservarla con attenzione e affetto, dai boschi ai fiumi. Onore agli sloveni, dunque.

Sloveni gente simpatica e accogliente, che parlocchia volentieri in italiano se lo sa (e in tanti lo sanno almeno un poco, e non solo a Capodistria e a Lipizza come pensavo io, anche nella lontana Maribor più slava che asburgica); ci è stato gradito e inevitabile imparare qualcosuccia di sloveno, dal mattutino “dobro jutro” al quotidiano “dober dan” al conclusivo “lahko noc”, il ringraziante “hvala lepa”, l’appetitoso “dober tek”, il salutante “na svìdenje”… ma vanno bene pure l’inglese (gli sloveni lo sanno certamente più degli italiani), il tedesco e appunto spesso anche l’italiano.

Due agriturismi, cinque notti in quello fra i monti occidentali, fra il parco del Triglav e Lubiana, e tre notti in quello tra i vigneti dell’est. Gente affabile, più contadini i primi più agricoltori-vignaioli i secondi, tanti animali da cortile nel primo, tanto buon vino nel secondo. Prezzi ridicolmente bassi (mezza pensione in camere con bagno e tv – che non guardavamo – più colazione ricca ricca e cene stra-abbondanti, 30 e 28 euro) Neanche la sola cena si paga così poco in Italia. Al massimo la sola cena, ecco. O la notte senza la cena. E si che i prezzi nelle città e nei supermercati non erano più bassi che qui da noi, benzina a parte. Va ben che ci davano da mangiare roba al 90% prodotto nelle loro fattorie, quindi a loro costava poco, ma era roba buona e tanta!

Onore – as usual – a Donatella che spulciando attentamente gli opuscoli turistici che avevo preso nello stand sloveno della BIT a Milano ha saputo trovare questi due posti azzeccati sia come sistemazione e accoglienza che come posizione rispetto alle nostre mete previste. Di uno ho già scritto una recensione su Trip Advisor, l’altro non c’è sul sito di Trip purtroppo, o non l’ho trovato.

Acquisti soprattutto alimentari, olio d’oliva, olio di zucca, sale integrale di Pirano, vino di diverse regioni, miele vario, ciliegie e albicocche della contadina vecchietta a Maribor che sapevano di vera albicocca, una volta tanto (brutte eh? Tutte picchiettate, brutte ma buone…..) e qualcos altro ancora, mi pare. Più decorazioni artigianali di fiori secchi, un Asterix in sloveno per la mia collezione di Asterix poliglotti, un libro di cucina slovena per Anna, e altre cose utilissime e originali che ora non ricordo….

Parafrasando Giovanni l’evangelista, “molte altre cose sono state fatte” durante la nostra settimana di vacanza in Slovenia, ma queste soltanto scrivo affinché la lunghezza di questo messaggio non diventi eccessiva per Voi Lettori.

Na svìdenje

(Scritto il 10 luglio 2013)

 

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