Una spiaggia di pochi metri quadrati nascosta da una curva dell’Aurelia, alla foce di un ruscello dal nome ignoto che sbuca dalle erbacce riempite di bottiglie di plastica dall’ultima mareggiata. L’acqua rossastra del rio diventa improvvisamente limpidissima quando la roccia del fondo lascia il posto alla sabbietta grigia di ghiaia calcarea e sassetti di scisti vulcanici della battigia. Verrebbe voglia di berla, mentre scorre fredda verso il mare, in quegli ultimi cinque metri di spiaggia, prima che si mescoli allo sciaguettio allegro della risacca. La piccola baia ghiaiosa è racchiusa da qualche scoglio marrone, un bel conglomerato durissimo e ricco di ciottoli policromi e di differenti origini, testimonianze, mute ai più ma loquacissime per chi sa (o presume di saper) interpretarle, del remexio geologico e tettonico che ha dato origine agli Appennini liguri e alla costa sconnessa della Riviera di Ponente. Di conglomerato così nella Liguria centrale che io sappia ce n’è (oltre che qui, vicino a Varazze) anche nel monte di Portofino e nelle colline di Savignone; ah, e nella val Borbera, un canyon quasi da Tex Willer, che sempre Liguria è, per historia e linguaggio e cultura, benché targata Alessandria. Infatti si parla di Cabella Ligure, Carrega Ligure…..

La spiaggia, dicevo, è composta da sassetti e ghiaia piccola di diverse origini, colori e forme. C’è del sedimentario, calcare, molto vulcanico, roba che sembra basalto, poi calcescisiti metamorfici, forse serpentiniti, tutta roba del Gruppo di Voltri, roccia aspra e veramente alpina, come se ne ritrova nelle valli dell’alto Piemonte e della val d’Aosta, che questi cosiddetti Appennini in realtà sono Alpi a tutti gli effetti, nati e cresciuti insieme al Bianco, al Rosa, al Cervino e al Monviso, e guardando in su verso il Reixa, o il Rama, 1180 metri di roccia a picco sul mare, lo si capisce bene. Va ben, sono cresciuti meno, i 1200 metri del Beigua fan ridere rispetto ai 4000 e subbia delle grandi cime, ma così, a 5 chilometri dal mare, anche 1200 metri di altezza sembrano tanti. Colori: verde, infatti si parla ben di “rocce verdi”, ofioliti di fondo oceanico, vengono su dal Mantello, poi rossiccio, bianco, grigio, bruno, tutto l’arcobaleno tranne il blu. Esistono anche gli scisti blu, se ricordo bene la geologia studiata 16 anni fa, ma chissà dove si trovano, non qui, credo. Forme: certo, niente piramidi inscritte in trapezoedri né pinacoidi, sono semplici sfere o elissoidi, qualche scatolotto un po’ spigoloso, al massimo. Il mare è grigio e appena mosso, il cielo è grigio e appena ventoso, non c’è nessuno tranne una ragazza chinata a raccogliere sassolini e a metterli in uno, due, cinque, ottantasette sacchetti di plastica. Un’artista? Creerà un giardino zen? Buddha solo lo sa. Un perfetto giorno d’inverno in Riviera, senza traffico sulla strada alle spalle, senza gente unta di cremesolari, peccato non avere un asciugamano decente in macchina, varrebbe la pena provare a svestirsi ed entrare in acqua, fare il bagno d’inverno, anche una semplice puccia, è uno dei più ineffabili piaceri del vivere in Liguria. E io che per guadagnarmi il pane devo scrivere fregnacce su quantebbella la Riviera sotto il solleone, con gli ombrelloni e le cabine colorate e le discoteche per far la notte piccola per noi, troppo piccolina, come le Gemelle Kessler docuerunt (Diomio, il perfetto indicativo di doceo, terza plurale, com’è?). Poi i miei datori di lavoro mi dicono che c’è “poca poesia” in quello che scrivo di Varazze e di Spotorno rispetto a quanto ho scritto su Genova e la Liguria per la Sagep. Lo credo! io vorrei scrivere “lasciate perdere di venire in Liguria d’estate, che trovate code sull’autostrada, spiagge affollate, mare afoso e ristoratori innervositi, senza nemmeno avere come ricompensa il putiferio di occasioni cazzute di divertimento che c’è sull’Adriatico. Venite in Liguria da Dicembre a Maggio, quando potete percorrere tutta la regione in Aurelia senza code, ci sono le mimose giallofiorite all’Epifania mentre Isoradio dice neve sull’A1 fra Roncobilaccio e Sasso Marconi, poi i ciliegi bianchi di fiori il 12 di febbraio quando il CISS Viaggiare Informati dice nebbia sull’A13 e fra Modena e Casei Gerola, infine le ginestre di nuovo gialle lungo tutta l’A10, che ormai è primavera fatta. E in tutti questi mesi basta una giornata di sole senza vento e una spiaggetta come questa per abbandonare vestiti e buonsenso e sguazzare nel mare tonificante. E la Baia dei Saraceni a capo Noli è un deserto di sabbia chiara dove i gabbiani passeggiano con l’aria impettita dei gentiluomini inglesi di campagna nei film con Emma Thompson, e si riesce a vedere i resti del porto di Varigotti distrutto dai genovesi nel 1300 e rotti, sotto l’acqua verde. E i ristoratori di Celle e di Castelvecchio di Rocca Barbena vi accolgono con sorrisi, chiacchiere amichevoli e vi offrono la grappa fatta in casa. Che gli avventori sono pochi e benvenuti, e c’è tempo per perdere un po’ di tempo conversando con questa strana gente che decide di venire in Riviera in inverno e che se ne va stupita e felice come se avesse scoperto un’isola sconosciuta nei mari dei sud, e invece è la stessa Riviera in cui l’estate prima avevano fatto code e preso multe nella macaja.” Questo, vorrei scrivere sugli opuscoli dell’APT Riviera delle Palme. Ma se mi mettessi a descrivere una mareggiata di fine novembre, o un mezzogiorno di dicembre con la tramontana che spinge le onde a rovescio, verso il largo, o un tramonto di fine gennaio sugli scogli di Pontetto con pescatori e canoisti pigri, come ho fatto nelle guide e nei libri della Sagep, i signori APT Riviera delle Palme brontolerebbero, ché per la Liguria la stagione dei turisti è l’estate….

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