Lo so che lavorare in miniera è peggio, e per me sarebbe peggio anche lavorare “in azienda”, però adesso che la sequela di scadenze che si sono accumulate tutte insieme sta per sciogliersi (ancora il Proposal FASES al CNR lun prox) son contento di poter ricominciare a pensare alle cose, anche quelle di lavoro, con più calma. Beh, da martedì prossimo, via.

Che in questo mese ho fatto anche delle belle cose, solo che erano tutte in fretta e una sull’altra, e questo non mi era bello e non me le sono godute come sarebbe stato giusto.
Il Monferrato, ad esempio. Fatto salvo il principio che l’unico posto in cui si può vivere (io, almeno) è la costa del Mediterraneo, però le colline sono una grande invenzione! Sono intrinsecamente riposanti, allietano e rasserenano l’anima, meritano di essere conosciute e vissute molto più di quanto un normale cittadino faccia. Non solo il Munfrà, vanno bene tutte ognuno si scelga le sue purché siano colline. Secondo me c’è qualcosa di atavico in fondo a queste sensazioni, a ben pensarci le colline sono il tipo di ambiente naturale più consono alla vita dell’uomo “preistorico”, assai più ovviamente delle montagne, su cui la vita è difficile ancora oggi, e più del mare, che è innaturale, pericoloso, scarso di cibo e ancor più d’acqua. le colline sono anche meglio della pianura, tecnicamente più comoda, perché offrono miglior riparo da fiere e tribù ostili.
Quindi W le colline.
Quelle monferrine le conoscevo poco, a parte Frinco e i dintorni, e mi sono piaciute assai. Per le stesse ragioni per cui le ho trovare scomode da descrivere.
A metterla sul generale, si potrebbe dire che vista una viste tutte – quasi ogni collina fra Canelli e Pontestura ha: un vigneto su un fianco, un bosco sull’altro fianco, un paese in cima. Ogni paese delle colline monferrine ha un grappolo di case vecchie entro cui sinuoseggiano stradine strette e ripidissime, in grado di stupire anche un genovese di collina cresciuto e patentato nel fior fiore delle strade infami dell’edilizia anni 60, che non fò per vantarmi ma è una buona scuola di guida, questa città e questo quartiere in cui vivo. Ma ‘sti paesi, Madonna che roba! la strada che porta a Sant’Antonio Abate a Murisengo! Le vie di Aramengo! Rosignano Monferrato!!! Le stesse Moncalvo e Canelli, che se la tirano da città e son solo dei grossi paesi da capre imborghesite!
E poi, in cima a ‘ste mulattiere paesane, c’è il castello. Anzi, il Castello, che ogni paese il suo lo chiama col maiuscolo, manco fosse l’unico.
Invece sono castelli che hanno tutti più o meno la stessa incasinata storia feudale, più o meno lo stesso aspetto (beh, c’è il rudere e c’è quello che si è fatto il lifting nel Settecento, ma si capisce che son parenti), più o meno lo stesso panorama. Poi, quasi ogni paese ha il suo museo, del vino o della civiltà contadina. Infine, ogni paese ha le sue feste del Barbera o del Grignolino, le sue sagre del Bollito o del Peperone, insomma, vien da pensare che ‘sti paeselli li abbiano progettati in serie a Taiwan.
Ma allora che ci vai a fare, in Monferrato, ti chiedi?
CI VAI A FARE UN SACCO DI COSE! perché anche se da un punto di vista “strutturale” sono tutti uguali, i paesi e le colline, in realtà se inizi a girare da uno all’altro vicino poi ti vien voglia di vedere il terzo, e il quarto e….. peggio delle ciliege. Perché sono tutti uguali ma sembrano tutti diversi, e anche se sembrano uguali non ci si stanca di vedere e rivedere e mangiare e annusare e toccare e sentire i colori i suoni i gusti gli odori che tutti hanno.
Anzi, se mai il problema diventa il non poterli girare tutti, il dover scegliere, restando col dubbio “ma Odalengo Piccolo, come sarà? E il panorama da Coazzolo, sarà diverso da quello di Moasca?” E non ti stuferesti mai di passare da uno all’altro. Salvo ovviamente poi confondere il castello di Montegrosso con quello di San Giorgio, il vino bevuto a Moncucco con quello di Piovà Massaia (c’hanno anche dei nomi!!), la meridiana di Meridiana con quella di Castiglione Tinella…..

E qui nasce il problema di raccontarli: tutti non puoi, e non sai chi scegliere. Puoi anche tacere e non raccontar niente e nessuno, ma visto che ti pagano (spero!)… in realtà la scelta la trovi già fatta, te l’ha passata la Monica Pagani e va be’ che ha detto se mai cambia qualcosa ma alla fine che cambi? O aggiungi, li metti tutti, o togliere Cortazzone per mettere Tonco che senso ha? Certo, Tonco ha una chiesa sostanziosa che si vede da lontano, un bel panorama ridente, ma Cortazzone c’ha una chiesa romanica deliziosa… Poi c’è il fatto che quando ci sono 25 feste del vino e 15 musei, tutti equivalenti per dimensioni e importanza sociale, se scremi e scegli fai torto agli esclusi, e la gentilezza dei vari assessori comunali che ti hanno imbottito di opuscoli e libretti non merita tale trattamento. Quindi cerchi di citarli tutti, e diventa un elenco. Oppure vedi Ottiglio così bello li sul poggio e dici ma guarda checcarino! Ma non puoi aggiungere Ottiglio al gruppone, non ci sta più, e devi solo sperare che chi passerà di qui magari leggendo la tua guida delle Terre d’Asti viaggiando da Rosignano a Grazzano Badoglio si accorga che c’è Ottiglio e si fermi un po’ lì. Magari dicendosi ma guarda ‘sti belinuin che non hanno scritto neanche una riga su ‘sto paese!

Insomma, lo so: lavorare in miniera è peggio. E anche “in azienda”.

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