Secondo la divisione delle terre emerse in “biomi” proposta dal biologo americano Robert Harding Whittaker, il bioma “giungla” e il bioma “steppa” occupano aree ben distinte e differenziate, diverse tra loro per condizioni climatiche e geografiche.

Questo in generale nel mondo. Ma c’è un luogo della Terra dove la giungla e la steppa si incontrano, o quanto meno si trovano confinanti, separate solo da una recinzione metallica coperta di vegetazione rampicante che li rende reciprocamente invisibili. Solo osservando il territorio dall’alto (sulle foto satellitari di Maps ma anche più semplicemente dalle finestre di casa mia) ci si rende conto di quanto vicini e quanto diversi siano tra loro questi due scampoli di terreno (poche centinaia di metri quadrati ciascuno) che assurgono a emblema di due ambienti vegetazionali estesi per migliaia di chilometri quadrati in altri continenti, sotto altri cieli.
Questo luogo è Sanremo. 

Una definizione di giungla può essere “una foresta con una vegetazione rigogliosa e intricata, un’ampia biodiversità e riserve di acqua dolce…”
La Marsaglionia si confà egregiamente alla definizione suddetta.

Della steppa si può dire che “la vegetazione è costituita da una prateria di erbe e arbusti; gli alberi sono pressoché assenti…”. Ottimo ritratto dell’Handrakkostan.

Nella giungla della Marsaglionia vivono alberi di diverse specie, età, dimensioni e altezze, vegetali a portamento arbustivo, piante rampicanti, piante erbacee di piccole o medie dimensioni, in piena terra o in vaso. Alcuni stretti vialetti permettono al proprietario custode di percorrere la giungla in quasi ogni sua parte.

Nella steppa dell’Handrakkostan vive qualche alberello di agrumi, alcune basse cicas, una manciatina di cespugli fioriti e piante grasse e molta erba, che nei periodi in cui le scarse piogge le permetterebbero di inverdire rigogliosa viene subitamente rasata a livello suola-di-scarpa, e ogni fiore che tenta incoscientemente di fiorire viene rapidamente decapitato dal tagliaerba condotto dal proprietario del terreno.

È chiaro che non c’è un bioma buono e uno cattivo; entrambi, quello ricco di verde e quello semidesertico, hanno lo stesso diritto all’esistenza. Ma essi dicono qualcosa sui loro proprietari e custodi. Dicono molto sulle differenze di Weltanschauung che rende questi due personaggi diversi tra loro in molti aspetti del modo di affrontare la vita e l’esistenza.
Filosofeggiando direi che il custode della steppa appartiene ai “monoteisti abramitici” o ai “razionalisti cartesiani” per i quali Homo sapiens è un’entità distinta e superiore agli altri esseri viventi e le piante di un giardino sono oggetti di arredamento di importanza pari a un soprammobile, che si possono eliminare a seconda del proprio senso di ordine ed estetica se non piacciono più.

Il custode della giungla si sente più affine a quegli “orientali” o a certi “francescani” o “aborigeni” che non fanno distinzioni nette tra le diverse categorie di esseri viventi e pensano che la vita di un animale o di un albero abbia lo stesso valore di quella di un essere umano.

Certo anche il “francescano” uccide alcune piante della sua giungla, la morte è parte imprescindibile della vita, sempre. Ma si sforza di limitare al minimo la sua opera di distruzione e si rammarica quando estirpa ad es. un giovane ligustro nato dove già c’è una poligala e un oleandro e in cuor suo gli chiede perdono per averlo voluto eliminare. Perché anche il ligustrino abusivo è un figlio della creazione divina, anche se era nato nel posto sbagliato, e avrebbe desiderato vivere “sotto quel cielo che dicon di Dio” come canta Guccini.

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