Nel giardino di Ormea c’è “il Rampicante”. Probabilmente è un Polygonum aubertii; lo abbiamo sempre chiamato “il rampicante” senza sapere il nome scientifico ma ora c’è Google Immagini… In realtà sono due piante: una copre foltissima il “bersò”, è più vecchio di me ed è sempre stato una giungla di rami e di foglie spessa, alta e folta, dove trovano riparo e dimora merli e altri uccelli; l’altra copre la rete che separa il giardino dalla villetta accanto e ha una superficie molto più sottile su cui svilupparsi, praticamente un piano verticale di dieci metri di lunghezza per un metro e settanta di altezza.

Finché c’era mia nonna il giardino era curato, folto, fiorito. Man mano, con i miei genitori, poi con mia mamma da sola, infine con me solo, la cura floreale è andata scemando. Negli ultimi due anni ho ripreso a badarci un po’, mi dispiaceva che il giardino di Sanremo sia vivacissimo e foltissimo e quello di Ormea fosse diventato così scipitino.

Mi sono dedicato ad alcune piante “storiche” che avevano perso smalto con gli anni, soprattutto i phlox, che erano quasi estinti, e il rampicante della rete-dei-vicini, troppo maltrattato negli ultimi dieci anni. I phlox mi sono sempre piaciuti tantissimo, c’erano cespugli policromi, si ibridavano facilmente, uscivano fiori di colori diversi quasi ogni anno, una meraviglia. Due anni fa non ne ho più visto nemmeno uno allora ho acquistato e piantato una decina di piantine di vari colori, e per ora stanno bene, hanno fiorito, la riscossa sembra bene avviata. Ma non solo! Si sono rifatte vive e hanno fiorito un paio di vecchie piante di phlox color lilla che pensavo non esistessero più, invece sono spuntate di nuovo (in inverno la parte aerea secca e cade e la pianta sverna nascosta nella sua parte ipogea, rispuntando in superficie – se vuol farlo – in tarda primavera). Mi sono chiesto perché si siano rifatte vedere proprio quest’anno e gli anni scorsi no e mi sono risposto che questi vecchi phlox si sono resi conto che non erano stati dimenticati, che il loro custode, cioè io (con animali domestici e piante da giardino non mi piace il termine “padrone” o “proprietario”, sono esseri viventi, non merce. Né schiavi) aveva continuato a pensare a loro e quando han capito che stavo facendo sul serio, piantando nuove piantine della loro specie, si sono entusiasmati e hanno voluto dirmi “ci siamo anche noi, siamo ancora qui!”. Li ho ringraziati di cuore, sono molto contento che siano ancora con me, con noi, che siano fioriti.

Il rampicante non ha mai avuto problemi di sopravvivenza, è una bestiaccia esuberante, lo lasciassi fare invaderebbe tutto il giardino. Il problema era che una decina d’anni fa la cura di questo capellone esagitato era stata affidata da mia mamma a un signore che lavorava badando più alla velocità d’esecuzione che all’eleganza del risultato. Passava con un tosasiepi e il rampicante diventava un muro di rami secchi e spezzati con le foglie solo nel lato della rete che dava verso i vicini; uno schifo.
L’autunno scorso gli ho esposto le mie perplessità motivate e mi ha risposto che per avere il rampicante come piace a me avrebbe dovuto tagliare i rami di troppo uno a uno, a mano, e lui non aveva tempo (traduci: voglia) per un lavoro così di fino. L’ho ringraziato e ho detto che d’ora in poi del giardino me ne sarei occupato io. Quest’anno ho tenuto a bada il Rampicante andando a Ormea da maggio a oggi quasi una volta alla settimana, ogni volta scegliendo uno a uno quali rami tagliare e quali conservare, badando che rimanesse sempre folto e verde senza far sconquassi; peraltro basta mezz’ora ogni volta per sistemare tutto, non è una gran fatica fisica, richiede solo un po’ di pazienza e attenzione. La mia delicatezza è stata apprezzata: un giorno ho lavorato accompagnato dal cinguettio preoccupato di un giovane merlo infrattato nel suo nido a poca distanza da me, forse non era ancora in grado di volare per fuggire ma aveva sufficiente coraggio per protestare a voce alta. Un’altra volta ha fatto capolino dai rami un uccellino grigio e blu che senza fuggire mi ha guardato interrogativo “chi sei, che stai facendo qui a casa mia?”; gli ho chiesto scusa e mi sono allontanato; ci sono farfalle e api tra quei fiori che gli anni scorsi stentavano a sopravvivere.

Insomma, il rampicante è finalmente tornato a essere ciò che dev’essere: un ambiente vivo che accoglie altri esseri viventi e dà loro la possibilità di abitare, nascondersi, nutrirsi, riprodursi in santa pace. Un condominio vegetale-animale multietnico e pacifico. Un po’ come le nostre città, no?

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