E’ il primo giugno, quindi meteorologicamente inizia l’estate. L’una e mezza, Bogliasco.
Il mare è calmo e pulito. Non ci sono onde, solo un lento andar su e giù dell’acqua verdastra e ormai quasi tiepida. I massi che sono stati gettati al largo degli scogli della Fontana alcuni anni fa sono ormai ricoperti, almeno nella parte sommersa, da tutto quel pullulare di vita tipico di queste zone di confine biologico: patelle bianchiccie, piccoli mitili, ciuffi di alghe spesse come l’erica, altre alghette viscide marroncine. Cespugli alti mezzo centimetro e densi di entità animali a me ignote ma che credo siano parenti delle madrepore colonizzano i massi più esterni: sembrano quei magolli di muschi o di licheni che popolano i massi di montagna, ma hanno un colore più chiaro, con scanalature fitte e circonvolute che ricordo di aver studiato per l’esame di paleontologia, perché si conservano bene come fossili. Due granchi neri mi osservano da sotto una fessura della roccia e si ritraggono appena tento di avvicinarli con un dito. Mi fanno pensare ai cuccioli di volpe visti l’altra notte nei boschi di Vara, curiosi e timidi. Sulla superficie del mare guizza ogni tanto qualche pescetto, saltando fuori dall’acqua. C’è silenzio, non ci sono gabbiani. Dietro, nel mondo umano, c’è pure pochissima gente, e silenziosa.
Sono seduto su un sasso giallino, con le gambe nell’acqua. Guardo i massi attorno a me, estranei e stranieri al mondo circostante: in una regione completamente e solamente calcarea sono stati gettati macigni di ben altra origine: alcuni sono di basalto violaceo, altri di gabbri bianchi e neri, i più di serpentinite, verdastri e un pò viscidi, a causa del talco che contengono. Vengono, presumo, da Voltri, ché nelle colline là dietro ne trovi di roba così. Avanzi dei lavori del porto, forse. Alle patelle e ai granchi non frega un granché del serpentino e del calcare, basta ci sia mare e cibo. Probabilmente non interessa niente anche alla maggior parte della gente che si sdraia e si crogiola sopra di essi. Bé si, il serpentino è più liscio del calcare locale, meno ruvido, quindi più comodo per la schiena. Poco importa che il calcare sia sedimentario, roccia di fondali marini caldi e tropicali e che basalto e serpentino vengano da fondi oceanici vulcanici. Bahamas contro Azzorre, più o meno.
Sono seduto su un masso giallino, con le gambe nell’acqua, dicevo. Il fresco del mare mi rilassa e mi rallegra. Penso a come doveva essere il mondo quando la vita non era ancora uscita dal mare e la terra emersa era soltanto un ambiente minerale, fatto di roccia nuda, pioggia e sole. Senza erba, senza alberi, senza animali, senza insetti, senza l’usignuolo della notte e l’allodola dell’alba e Giulietta e Romeo che parlano dei medesimi. Penso a cosa possa significare il piacere quasi spirituale di sentirmi circondato dall’acqua salata, di galleggiarci dentro. Forse ha a che vedere con le nostre antichissssssssime origini pesciaiole, forse qualche cromosoma ancora si ringalluzzisce quando si accorge che questo mio corpo all’incirca umano tenta di imitare i suoi antenati iperpreistorici che vivevano in chissà quale mare archeozoico. Forse è solo perchè fuori fa caldo e l’aria è umida ed appiccicosa, e tutto ciò fa tanto Qfwfq che esce dall’acqua per conquistare le terre emerse.

(Scritto il 1 giugno 1994)

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