La prima volta in cui pensai che dopo il viaggio di Marco Polo in Cina, dopo la circumnavigazione del globo di Ferdinando Magellano, qualcosa nel modo di viaggiare degli esseri umani era cambiato in peggio fu in una mattina di alcuni anni fa, forse cinque, forse sette.

Ero a Genova, in via Tavella (Carlo Antonio Tavella, pittore del Sei-Settecento) e ho visto all’incrocio con via Lorenzo Stallo un pullman granturismo con targa spagnuola che stava facendo una cosa quasi impossibile, cioè un’inversione di marcia per poter scendere lungo la via Stallo medesima e tornare verso il centro città; ad aiutare l’autista nell’improba impresa v’erano due vigili urbani dai cui volti fuoriusciva una furibonda irritazione, tutt’intorno una congerie di persone ispaniche in piedi sui marciapiedi con espressioni tra il perplesso e il preoccupato e nel tratto di via Stallo a monte dell’incrocio con via Tavella una fila di auto e scooter in inc..zata attesa che la contorsione pullmanica terminasse e la strada tornasse agibile e carrabile.

Chi tra Voi Lettori conosce quelle strade si chiederà quello che mi sono chiesto io allora e cioè “come diavolo ha fatto quel pullman ad arrivare fin lassù?” tanto più che era evidente che fosse salito da via Stallo in contromano (essendo la via in quel tratto un senso unico a scendere, oltre che stretta e a tornanti); alla domanda rivolta a uno dei passeggeri a bordo strada costui rispose “el navigador”.

Commentai a bassa voce “Cristóbal Colón, el navigador”, frase che voleva significare più prosaicamente “avete un autista deficiente”. Scendendo nei dettagli il turista disse poi che avrebbero voluto salire al santuario della Madonnetta, che dal punto di vista storico-artistico-panoramico merita senz’altro una visita, solo che per andarci su un mezzo a ruote devi salire con una automobile non troppo grande o una moto. Nemmeno il 377, il piccolo autobus di montagna che percorre quelle strade per il servizio pubblico, riesce ad arrivare sino al santuario, figuriamoci un catafalco come quel pullman buono per i viaggi internazionali.

Dopo varie manovre e molti improperi finalmente sto belin di pullman riuscì a mettersi nel senso giusto di marcia e iniziò la lenta discesa lungo la strada (stretta, a tornanti e resa ancora più stretta dalle auto parcheggiate sul lato) che moooolti minuti prima aveva risalito contromano con orgogliosa sicurezza.

E io sto ancora a chiedermi se l’improvvido autista mentre imboccava in salita il tratto di via Stallo che è senso unico a scendere abbia dato almeno un’occhiata all’evidente segnale stradale che indica il senso vietato per chi sale o se invece abbia pensato “se el navigador mi dice di salire per di qua io salgo e me ne infischio della segnaletica piantata in terra bene evidente che me lo vieta”.

Perché il navigatore ha sempre ragione, come già altri personaggi famosi nella storia ebbero prima di lui.

Da allora in poi è stato tutto un crescendo di idiozie navigate…

Il giovane cameriere di una trattoria di Marta, paese sul lago di Bolsena, a cui chiesi se sapeva dirmi più o meno quanto ci volesse per andare a Tivoli e mi rispose, ripetendo la frase affinché la comprendessi bene “non ho il navigatore, senza il navigatore non lo so”. Non mi ha detto “non so dove sia Tivoli, non sono mai andato a Tivoli quindi non so che strada si debba fare”, no, mi ha detto “non ho il navigatore”. Stavo per chiedergli se quando è a casa e gli scappa la pipì sa trovare la strada per il bagno anche senza navigatore ma ho tralasciato, sai mai che si offendesse e poi sputasse nel piatto che doveva portarmi.

Quelli che a Sanremo per salire al casello dell’autostrada imboccano salita Bonmoschetto perché il navigatore dice che è una scorciatoia e poi rimangono incastrati tra i muri di quella creuza e la polizia locale deve andare a tirarli fuori.

Eccetera, fino ai casi recentissimi di quella tizia che di notte andava coi pattini sulla A10 perché seguiva il navigatore e dell’automobilista che sulla A1 ha fatto inversione a U nel mezzo dell’autostrada perché aveva sbagliato strada e il navigatore gli aveva consigliato di invertire la marcia quanto prima. Si è preso una multa di alcune migliaia di euro, il fermo del veicolo per tre mesi e il ritiro della patente, ma poveretto, se il navigatore gli aveva detto di tornare indietro lui che colpa ne ha, ha solo obbedito agli ordini…

Insomma, devo constatare (con un certo sgomento) che quella per il Navigatore è per molti una forma di culto fideistico assimilabile a una religione. Al Navigatore si crede senza porsi domande né dubbi, come al dogma dell’Immacolata Concezione. Con la differenza che il dogma della Madonna Immacolata lo si può considerare una Stupenda Verità Trascendente o una Sciocchezza Colossale a seconda della propria visione dell’universo ma quantomeno alle spalle ci sono secoli di studi, discussioni, riflessioni di teologi e filosofi, mentre alle spalle del dogma dell’infallibilità del Navigatore c’è solo (mi pare) la pigrizia mentale di chi non ha voglia di guardarsi attorno e pensare con la sua testa. Ma “certo per chi non è abituato, pensare è sconsigliato”, cantava Francesco Guccini, or è molt’anni. E aveva ragione, allora come ora et in saecula saeculorum.

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