Pregare viaggiando: i luoghi di culto sulle vie storiche del Ponente ligure

Rivista: La Casana
Editore: Carige
Luogo di pubblicazione: Genova
Data:  2002, anno XLIV, n°1

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Descrizione

Da ben prima di diventare Sapiens l’uomo viaggia.
Dai tempi remoti in cui qualche nostro bis-bis-bis antenato lasciò le savane del Rift africano per avventurarsi oltre la piatta linea dell’orizzonte di acacie ed erbe alte oppure, a vederla in chiave biblica, da quando Yahwè scacciò Adamo ed Eva dal Paradiso ordinando loro di andare a lavorare la terra dalla quale erano stati tratti…

E di strada ne ha fatta, questo primate mingherlino e spelacchiato, partendo da quelle savane calde per occupare tutto il pianeta fino alle terre più inospitali, lo spazio intorno alla Terra e la superficie della Luna. Adesso sta pensando ad andare su Marte, nientepopodimeno!

Perché si viaggia? Per molte ragioni, tutte valide, non tutte affascinanti, ma non tutto è gioia nella vita. Il viaggio piùgratificante è quello fatto per curiosità, per sete e fame di conoscenza, alla ricerca di terre sconosciute, di popoli nuovi, di paesaggi mai visti. Ma la pura curiosità intellettuale per l’ignoto è dote rara, e raramente va disgiunta da altre motivazioni meno disinteressate, come la brama di ricchezze e di conquista. Esi viaggia dunque per portar guerra o per sfruttamento economico. Vengono poi i viaggi per necessità o per lavoro: lavoro è quello dei mercanti e dei commercianti, necessità è quella di fuggire da terre diventate inospitali per l’ostilità della natura, per la troppa povertà, per carestia, malattie, violenza e intolleranza di chi quelle terre domina e governa. E qui più che di viaggi strictu senso si può parlare di migrazioni e di deportazioni, cose assai differenti dai veri viaggi.

Infine si viaggia per pregare. Il pellegrinaggio è pratica importante in tutte le religioni: cristiani, ebrei, induisti, buddisti eccetera, per ogni religione il Divino predilige luoghi particolari per manifestarsi ai fedeli ed essere venerato. D’altra parte, almeno le due principali religioni monoteiste, Cristianesimo e Islam, pretendendo di essere universali, sono intrinsecamente viaggiatrici: “andate per tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura” (Marco 16,15): e per ogni buon musulmano il pellegrinaggio alla Mecca è doveroso almeno una volta nella vita. Per rimanere in ambito ligure, già i nostri sconosciuti antenati preistorici che i Romani chiamarono Ligures o Ambrones avevano scelto alcune montagne, il Bego all’estremo ponente, il Beigua al centro dell’arco regionale e il Sagro (sacro?) a levante, sulle Apuane, come luoghi di particolare sacralità. Non mi sembra azzardato pensare che compissero qualche sorta di pellegrinaggio a queste cime. Anzi, la presenza di graffiti rupestri e statue stele nelle aree ad esse circostanti rafforza questa ipotesi.

“Ma viaggiare è difficile e pericoloso, e per arrivare sani e salvi alla meta, sia un santuario, un mercato, una nuova patria o una nuova provincia dell’impero, è assai utile l’aiuto di Dio, degli Dei. Perché durante il tragitto bisogna difendersi dalle insidie della natura, intemperie, fiere, animali selvatici, malattie sconosciute, e naturalmente anche dalla violenza degli uomini, banditi di strada o soldati nemici. E a ben vedere questo ragionamento è valido sia per i viaggi dei secoli passati sia per quelli di oggi: per quanto il mondo si sia fatto piccino picciò e oggi si impieghi per andare in Australia in aereo meno tempo di quanto ne occorresse duecento anni fa per spostarsi da Genova a Roma in carrozza, purtuttavia i pericoli restano: dai banali furti del portafoglio alle varie “maledizioni” di Montezuma piuttosto che di Tamerlano che colpiscono i deboli intestini delle nostre ricche pance del Primo Mondo quando scendiamo nel Terzo; per tacer di incidenti aerei, assalti di guerriglieri, tifoni tropicali, scioperi dei controllori di volo della Malpensa.
E mi chiedo quanti siano i viaggiatori moderni che non hanno mai pregato, invocato, imprecato e ringraziato Dio in una delle sue molteplici forme antropomorfe perché li aiutasse a uscire da qualche guaio, per scampato pericolo o per grazia ricevuta. Che nonostante internet, le carte di credito e i telefonini, alla fin fine un angelo custode con occhi attenti e ali muscolose è la protezione migliore contro i pericoli che si incontrano quando si è lontani da casa.

Ora, certo la Liguria di Ponente non è la giungla del Congo né le steppe della Bactriana, non occorse mai la tempra di un Doctor Livingstone o di un Marco Polo per valicare il colle di Nava, ma nel suo piccolo un po’ di attenzione e di fortuna erano richieste nei tempi andati anche per attraversare le valli e i monti di questa piccola regione un po’ marina e molto alpina.  …

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