Passato e presente del femminismo a Sampierdelcinema

Rivista: Gazzettino Sampierdarenese
Editore: S.E.S. – Società Editrice Sampierdarenese
Luogo di pubblicazione: Genova
Data: Marzo 2017, anno XLVI, n°3

Descrizione

Il primo incontro lo scorso 7 marzo

Interessante il primo incontro della quinta edizione di Sampierdelcinema al Club Amici del Cinema di via Rolando, tenuto il 7 marzo sul tema “Donne e diritti”, a ulteriore conferma dell’essere San Pier d’Arena una città di cultura e di politica. Prima una conferenza, poi la proiezione del film Suffragette, della regista americana Sarah Gavron, del 2015. Alcune esponenti del femminismo di oggi hanno raccontato certe parti della storia dell’Occidente che pochi conoscono, il lungo cammino delle donne verso l’ottenimento di alcuni diritti che un secolo fa erano lungi dall’essere dati per scontati. E dopo la storia la cronaca, cioè il senso e le azioni del femminismo del XXI secolo; come il Gruppo Mafalda, associazione di donne del quartiere che si occupa di problemi femminili: centro antiviolenza, insegnamento della lingua alle migranti, educazione all’autostima delle donne…

Silvia Neonato, giornalista che scrive sul mensile “Leggendaria” ed è nella SIL, Società Italiana delle  Letterate, ha raccontato la storia dell’autodeterminazione delle donne e delle suffragiste  americane  e  italiane  che hanno lottato per il diritto di voto. Tra le italiane la più importante è stata Anna Maria Mozzoni, romana, in gioventù mazziniana, giornalista, nel 1864 scrisse il libro “La donna e i suoi rapporti sociali”, fece la prima inchiesta in Italia sulle prostitute e nel 1906 con Maria Montessori propose invano una mozione al Parlamento per il voto alle Voto a cui furono favorevoli anche alcuni uomini importanti, come Giuseppe Mazzini e Agostino Depretis, che tentò un disegno di legge nel 1864. Francesca Dagnino, dell’Archivio Movimenti, ha ricordato il femminismo degli anni ’70, rammentando l’importanza del principio di uguaglianza, presupposto di ogni diritto, che è alla base della Dichiarazione dei Diritti Umani dell’ONU che a sua volta si ispira alla “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” della Rivoluzione Francese. Ha ricordato la femminista francese Olympe de Gouges che nel 1791 scrisse la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”; ma non era ancora il momento giusto per parlare di queste cose e fu ghigliottinata. La Dagnino dice “abbiamo rivendicato la nostra diversità, che non è in contrasto con l’uguaglianza: il contrario di uguaglianza è diseguaglianza; l’opposto di diversità è omogeneità”. È importante capire il valore della diversità delle donne, è importante il confronto tra uomini e donne. “Capire” è la parola chiave: perché non bastano le leggi per realizzare l’uguaglianza, ci vuole la mentalità. Infine l’intervento di Giulia (così, senza cognome), giovane esponente di “Non una di meno”, a suo agio tra le signore del femminismo, perché dice l’incontro-confronto generazionale è una ricchezza,  il femminismo non ha età, è una lente attraverso cui vedere gli elementi della vita. L’associazione organizza tavoli di lavoro sulle differenze di genere nel welfare e sul lavoro, sulle migrazioni, sulla sanità, sull’educazione, sulla comunicazione.

Le domande del pubblico hanno toccato la differenza tra il femminismo degli anni ’70 e quello di oggi: oggi non è separatista tra uomini e donne, oggi c’è spazio per l’interazione coi compagni maschi, per capirli e far loro capire; allora era più difficile per una donna parlare in pubblico, gli uomini erano maschilisti anche a sinistra. Oggi non si cerca più di “fare la rivoluzione” in senso totale per cambiare il mondo ma si pensa a una rivoluzione graduale e pacifica all’interno della società, al cui interno rimangono tanti problemi, dalla differenza di trattamento economico al rapporto tra maternità e lavoro. La conclusione del dibattito è stata, riassumendo molto, che sono necessarie pari dignità e femminismo tutto l’anno non solo l’otto marzo e occorre imparare ad amarsi veramente, senza essere né vittime né torturatori.

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