La gemma che arriva dal mare

Rivista: La Casana
Editore: Carige
Luogo di pubblicazione: Genova
Data: 2012, anno LIV, n°4
(pubblicato sotto pseudonimo)

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Descrizione

L’aria è ancora intrisa di sale anche se la mareggiata s’è chetata da diverse ore; sulla spiaggia umida giacciono sparsi rami secchi e detriti di origine umana sino ai cespugli di oleandro oltre i quali una campagna di sassi, fichi d’india e bassi vigneti intiepidisce sotto il sole appena sorto.

Sulla battigia un uomo cammina lento a capo chino, ha in mano un rastrello, si ferma, si china, appoggia l’attrezzo sulla sabbia e vi traccia segni dal vago sapore zen. A volte i denti dello strumento trattengono ciò che paiono piccole pietruzze di colore bruno; l’uomo le prende fra le dita, le osserva sorridendo piano, le ripone in tasca, poi riprende il cammino…
“La terza memoria di singolar pregio che aggiunger devo, é quella dell’ambra, la qual nelle marine di Catania é di tanta grandezza che a quella di un grosso melarancio si agguaglia; molte se ne ritrovano, ma picciole, dentro le quali sta chiuso e morto un picciolo animaluccio, o formica, o zanzara, o mosca, o pulce, o altro simile”.

Ambra: pietra-non-pietra, gioiello diverso da ogni altro che non nasce nelle viscere della terra, non è frutto del lavoro dei nani nel buio delle miniere, ma esce come Venere dalle onde del mare, bagnata dal sale e riscaldata dal sole. Nel pensare comune degli europei questo strano materiale viene associato al Mar Baltico e alle nazioni che su di esso si affacciano perché è da lì che la maggior parte dell’ambra europea proviene, sia come materia prima grezza sia come oggetti lavorati. Viene usata in gioielleria, da sola o con gemme e pietre preziose, per realizzare orecchini, braccialetti, anelli, collane o per oggetti d’uso oggidì meno comune quali bottoni eleganti, impugnature di bastoni, bocchini per sigarette e cannelli di pipe; alcuni mastri liutai usavano la polvere d’ambra per lucidare gli strumenti musicali di pregio. Dal punto di vista chimico l’ambra è resina fossile: questo “succo” viscoso e appiccicoso che esce dalle ferite dei tronchi delle conifere, quando cade nel terreno e ne viene coperto, col trascorrere del tempo si fossilizza – il fenomeno è detto “amberizzazione” – sino a diventare un corpo solido amorfo, gocce di materiale traslucido di un colore che a seconda delle impurezze biologiche e chimiche che contiene varia dal giallo al rossiccio al bruno fino a raggiungere rare tonalità di verde o di blu fluorescente. La trasformazione della resina in ambra è un processo che ha tempi “geologici” e che avviene sulla Terra almeno dal periodo Carbonifero (dai 360 ai 299 milioni di anni fa). Sovente cadendo a terra la resina cattura e ingloba insetti, piccoli animali o parti di essi, foglie, polline, semi, frammenti di materiali organici o polveri di minerali, che vengono come mummificati conservando in ottime condizioni le loro caratteristiche anatomiche; ciò permette lo studio dei caratteri fisici e morfologici degli organismi fornendo dati di grande importanza per la comprensione dell’evoluzione biologica. L’ambra nasce quindi sulla terraferma ma noi umani che tanto l’apprezziamo, dobbiamo andarla a cercare sulle coste e sulle spiagge, perché gli alberi la producono ma i fiumi la portano giù sino al mare ed esso, con la calma che si conviene a un “antico” di tal fatta, la getta sulla riva in forma di granuli, gocce, schegge, quando ne ha voglia, anche dopo milioni di anni, durante le mareggiate con cui si libera delle “inutili macerie del [suo] abisso”.

Che per il mare certamente è una piccola maceria inutile, ma per i popoli europei questa gemma fossile è oggetto di una passione plurimillenaria, che la rende ricercata e apprezzata come materiale ornamentale: la si trova nell’antico Egitto e nelle tombe greche di età egea-micenea (più o meno tra il 1600 e il 1000 a.C.) ma un po’ dappertutto in Europa questa pseudo-pietra preziosa accompagna lo svilupparsi della civiltà almeno da 6000 anni. È anche un’importante indicatrice dell’esistenza di vie commerciali internazionali già in epoche preistoriche o almeno protostoriche: non esiste ambra in Grecia e la sua presenza nella civiltà micenea implica che essa veniva commerciata e viaggiava attraverso il continente dai “giacimenti” del Nord Europa alla penisola balcanica. L’etimologia del nome ambra non è certa ma dovrebbe derivare dall’arabo anbar che indicava la cosiddetta “ambra grigia”; ma non è chiaro come il nome sia passato a indicare la resina fossile. Ciò che è certo è che l’ambra ha la proprietà di elettrizzarsi se viene strofinata e perciò l’elettricità ha preso il nome proprio dal termine con cui era indicata dagli antichi greci: ˇlektron, (èlektron). Numerose tradizioni popolari le attribuiscono poteri medicamentosi, forse collegandoli alle sue proprietà elettrostatiche, e alcune fonti citano una favola turca in cui si affermerebbe che i boccagli in ambra prevengono le infezioni quando ci si scambia il narghilè per fumare.

Ambra del Mar Baltico, si diceva… ma non si trova solo lì, questa bella gemma lucida dai colori caldi. …

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