Homiliarum liber incognito idiomate scriptus

Rivista: La Casana
Editore: Carige
Luogo di pubblicazione: Genova
Data: 2013, anno LV, n°2

Categoria: Tag: , , ID:707

Descrizione

Ongyrede hine pI a geong hæleó` , (pI æt wæs god ælmihtig), strang ond stió` mod. Gestah he on gealgan heanne, modig on manigra gesyhó` e, pI a he wolde mancyn lysan.

Fra aprile e maggio la pianura del Piemonte settentrionale si trasforma in un lago da cui emerge un arcipelago di isole popolate da cascine e da silos, collegate fra loro da sottili strisce di terra, filari d’alberi e strette linee d’asfalto. L’acqua calma riflette i colori del cielo e la mole candidamente massiccia del Monte Rosa che chiude l’orizzonte a nord-ovest. Aironi bianchi e grigi sorvegliano il terreno inondato, immobili come statue cinesi. In questo mondo silenzioso e piatto scorre il fiume Sesia, decisamente uno dei più bei corsi d’acqua padani, ampio, ghiaioso e a tratti boscoso. È un paesaggio a suo modo affascinante che però non ha nulla di naturale, anzi dipende fortemente dall’azione dell’uomo e ha iniziato a esistere in questa forma tra il XIV e il XV secolo, quando si incominciò a coltivare il riso. Questo “lago” primaverile circonda una città che affonda le sue origini in un villaggio celto-ligure del IV secolo a.C.; crebbe, il villaggio, sino a diventare nel 49 a.C. Vercellae, importante municipium romano lungo le vie commerciali fra Italia e Europa transalpina. Nel 345 Vercelli divenne sede della prima diocesi piemontese, retta dal santo vescovo Eusebio e da allora acquisì importanza economica e politica, fra dominazione longobarda e impero carolingio; nel X secolo il clero vercellese godeva di grande autorità sia culturale che politica. Era l’epoca dei vescoviconti, secondo una definizione sintetica ma efficace.

Presso il Palazzo Arcivescovile, in piazza D’Angennes, a due passi dalla cattedrale di Sant’Eusebio, un manipolo di giovani studiosi custodisce con affetto e intelligenza un meraviglioso patrimonio di storia e di arte, raccolto nella Biblioteca Capitolare e nel Museo del Tesoro del Duomo. Uno dei pezzi più importanti di questo tesoro sta in caveau e non è attualmente visibile, deve riprendersi dopo le “manipolazioni” non invasive ma comunque defatiganti a cui è stato sottoposto recentemente per poterlo meglio conoscere; la sua presenza qui è un’ulteriore testimonianza del fatto che il Medioevo – lungi dall’essere “buio” – era un’epoca di viaggi e di scambi culturali né più né meno di tutte le altre epoche storiche dell’umanità. È catalogato come Codex CXVII e consta di 136 fogli di sottile pergamena, di circa 31×20 centimetri di dimensione, ben conservati, ciascuno dei quali contiene da 23 a 32 righe di testo. È noto al mondo (o almeno agli esperti) come Vercelli Book: risale al tardo X secolo e pur risiedendo tra le risaie piemontesi non appartiene alla cultura italiana: ha origini inglesi e la lingua in cui fu redatto è il cosiddetto “antico inglese” (Old English o Ænglisc), parlato nelle sue diverse forme dialettali in molte parti della Gran Bretagna fra il V e il XII secolo. Più esattamente il codice è scritto nel dialetto sassone occidentale, nella forma che si sviluppò nell’Inghilterra sudoccidentale dalla metà del X secolo. È questo che rende così importante il Vercelli Book: ci mostra come parlavano e scrivevano gli anglosassoni (o almeno una parte di loro in un particolare periodo della loro storia) e quanto la loro lingua, coi suoi dialetti, fosse diversa dall’inglese attuale e fosse invece affine alle lingue parlate dagli antichi popoli germanici. Dopo la conquista normanna del 1066 molti termini di origine francese o norrena (l’originaria lingua vichinga dei normanni) entrarono nelle parlate inglesi e l’Old English perse d’importanza fino a diventare una lingua morta. La cultura anglosassone ebbe una sua produzione poetica e letteraria di cui però oggi sopravvive quasi solo ciò che si conserva in un corpus di soli quattro manoscritti del X secolo, i Poetic Codices; essi sono il Cotton Vitellius Manuscript conservato nella British Library di Londra, il Junius Manuscript della Bodleian Library di Oxford, l’Exeter Book della cattedrale di Exeter nel Devon e il “nostro” Vercelli Book, unico del gruppo a trovarsi al di fuori dell’Inghilterra. Il VB fu scritto probabilmente da un unico copista, molto preciso nell’uso della grafia del periodo, la minuscola quadrata anglosassone; lo scrisse in più riprese (lo si deduce dall’impaginazione irregolare) trascrivendo meccanicamente le sue fonti originarie (ciò si deduce dalle diverse tipologie degli incipit e dalla presenza di diverse forme dialettali che includono elementi dell’anglico del centro e del nord, oltre a citazioni latine e alcuni caratteri runici) e corredandolo soltanto con tre decorazioni zoomorfe.

Si pensa che il committente di questo codice volesse realizzare un testo religioso da utilizzarsi per la meditazione e la preghiera e fors’anche come sussidio per i predicatori anglosassoni che andavano in pellegrinaggio. Contiene ventitré omelie in prosa (di cui undici si trovano esclusivamente in questo codice), una vita di San Guthlac6 in prosa e sei componimenti poetici, i cui titoli in inglese moderno sono: Andreas, in cui Sant’Andrea Apostolo è descritto come un guerriero che combatte contro le forze del male; The Fates of the Apostles, breve martirologio dei dodici apostoli scritto da Cynewulf; in cui si narra ciò che accadde ai Dodici successivamente all’ascensione di Gesù; Soul and Body I, dialogo tra l’anima e il corpo: nella prima parte un’Anima Dannata rimprovera il proprio corpo peccatore; nella seconda parte un’Anima Pia promette al suo corpo le gioie del Paradiso; Homiletic Fragment I Bi manna lease”, frammento di omelia sul tema della falsità degli uomini; The Dream of the Rood (Il sogno della Croce), poema in versi allitterativi dove all’autore appare in sogno la croce di Gesù Cristo che gli narra la crocifissione, la deposizione e la sepoltura di Gesù; Elene di Cynewulf, che descrive il ritrovamento della croce di Cristo da parte di Elena, madre dell’imperatore romano Costantino. Si sa che Cynewulf è l’autore dei due poemi a lui attribuiti perché il suo nome è indicato da caratteri runici inseriti in alcuni versi. Alcuni dei componimenti poetici del VB sono di elevata qualità artistica, specie il Sogno della Croce e i due poemetti di Cynewulf; le omelie sono di grande interesse per la storia della letteratura religiosa del periodo e della prosa anglosassone.  …

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