Tra le belle cose che facciamo col Club per l’Unesco di Sanremo ci sono le giornate alla scoperta delle valli del Ponente: l’anno scorso la valle Argentina, quest’anno stiamo affrontando la val Roia, una domenica al mese. Complimenti agli organizzatori di queste giornate, soprattutto Valentina Borgna dal multiforme ingegno ma anche – quest’anno – me medesimo, e scusate la vanità dell’autoringraziamento…. Comunque finora i partecipanti sembrano soddisfatti di queste giornate e ciò è bello. Domenica 7 maggio si andò ad Airole e a Piene Haute.

Ad Airole soprattutto a conoscere i vigneti sulla roccia dell’azienda A Trincea, una meraviglia del lavoro umano e dell’addomesticamento “gentile” della natura; gentile ma molto spettacolare. La famiglia titolare coltiva la vite in maniera biologica e rispettosa dell’ambiente e della salute – sia delle viti e delle uve, sia dei bevitori del loro vino – e ha sistemato uno sproposito di metri di muri a secco con cui ha terrazzato una collina che sovrasta il bellissimo “village perché” di Airole: da lassù – dopo tre chilometri di salita ripida/ripidissima e tortuosa/tortuosissima in auto – si arriva su un poggio che quel giorno era inondato di sole, da cui si vedevano i monti della Corsica parzialmente innevati al di là del mare, le colline e montagne della val Roia tutt’intorno e Airole piccolo giù in fondo in basso. Una meraviglia di panorama anche senza vigneti e muri a secco, ma ancor più con l’anfiteatro (che in realtà è un “teatro”, perché “anfi-” sarebbe se fosse ellittico e chiuso come il Colosseo) di pietre chiare e viti basse affacciato sulla valle. Un luogo che mi faceva pensare a certe immagini delle Ande, Machu Picchu o roba del genere. Una famiglia, i Masala titolari dell’azienda, evidentemente orgogliosi e appassionati del loro lavoro e del loro vino, con tutto ciò che dietro a questi vini ci sta, che ci hanno raccontato il raccontabile per un paio d’ore in giro tra le viti e le rocce, poi ci hanno offerto l’aperitivo giù in paese. Poi dicono che i liguri sono poco ospitali…. Giustamente abbiamo acquistato vino a volontà (ok, hanno avuto il loro tornaconto, ma se lo sono guadagnato). Non è facilissimo arrivare lassù dove il vino nasce sulla roccia, ma una visita alla Trincea sopra Airole dovrebbero farla tutti coloro che desiderano conoscere pienamente l’estremo Ponente ligure.

L’hameau de Piene Haute era sino al 1947 il borgo di Piena Alta, e prima ancora fu il Castello della Penna, avamposto militare della Repubblica di Genova ai suoi estremi confini occidentali. Un paesello tranquillo tra il cielo e le colline, abitato da gente mezza francese mezza occitana mezza italiana che ci ha raccontato un sacco di cose e aneddoti locali, con il cippo ai caduti delle due guerre mondiali scritto in italiano (certo, all’epoca era Italia), una chiesa barocca con affreschi che ironizzano sull’inevitabile destino di morte che tocca anche ai potenti, politici, militari, vescovi, giudici eccetera (una specie di “Livella” per immagini), un piccolo seggio elettorale (era il giorno del ballottaggio Macron – Le Pen), i ruderi dell’antico castello genovese a picco sulla valle che sono stati acquistati da gente della Francia centrale che – ci han detto – porta i materiali per il restauro in elicottero. Chi ha i soldi… D’altronde non sarebbe possibile raggiungere ‘sto castello coi camion, quindi… Ci aspettano per la festa del patrono, San Mauro, a metà gennaio. Vedremo di andarci, sembrano gente simpatica questi pienaschi.

(Scritto il 23 maggio 2017)

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