La corruzione, questa conosciuta

Rivista: Gazzettino Sampierdarenese
Editore: S.E.S. – Società Editrice Sampierdarenese
Luogo di pubblicazione: Genova
Data: Aprile 2016, anno XLV, n°4

Descrizione

A “Sampierdelcinema 2016” lo scorso 14 aprile

Giovedì 14 aprile si è tenuto al Club Amici del Cinema di via Rolando il quarto incontro di “Sampierdelcinema 2016” dal titolo “La corruzione”. Tema attuale e destinato a rimaner tale in Italia per lunghi anni ancora. È corruzione quando qualcuno, in cambio di denaro o di altri vantaggi, agisce contro i propri doveri e obblighi. In una sala con parecchie sedie vuote hanno parlato e risposto alle domande due esperti della lotta alla corruzione: Giovanni Maria Flick, giurista, avvocato e ministro di Grazia e Giustizia nel primo governo Prodi, e Tano Grasso (nella foto), presidente della Federazione associazioni antiracket.

L’incontro è iniziato con una citazione di Indro Montanelli: “La lotta alla corruzione si fa solo cambiando gli italiani”. Impresa difficile e che fa mal sperare sulla possibilità di vincere questa malattia della nostra società… Malattia antica, già i Romani legiferarono contro di essa. Secondo Flick il bilancio degli ultimi venticinque anni, dall’inchiesta “Mani Pulite” a oggi, ha visto interessanti successi nella lotta alla criminalità organizzata ma non si è avanzato di un passo nella lotta alla criminalità economica. Criminalità organizzata, criminalità economica e corruzione sono strettamente collegati, formano, dice Flick, “i vertici di un triangolo” che devono essere combattuti insieme e contemporaneamente per poter sperare di sconfiggerli, e non è ciò che si sta facendo. La repressione penale è insufficiente e alcuni cambiamenti recenti della pubblica amministrazione istigano alla corruzione: l’eccesso di privatizzazione dei servizi, la continua emergenzialità degli eventi pubblici (Expo, giubilei…), il proliferare di leggi di difficile interpretazione. La corruzione si è evoluta nel tempo: un tempo il pubblico ufficiale era pagato dal cittadino corruttore perché gli concedesse un ben preciso beneficio illecito, ora viene messo a “libro paga” casomai potesse  tornare  utile in futuro… La corruzione è un reato contro la concorrenza, la capacità, la competitività e l’eguaglianza; si calcola che in un’ipotetica società italiana non corrotta ci sarebbero circa 150 miliardi di euro in più a disposizione del “buon governo”, utilizzabili per sanità, istruzione e quant’altro. Senza contare il costo in termini di sfiducia dei cittadini (quelli onesti) verso la società e la politica. Ciò che manca – oltre a un’attenta lettura degli articoli 54, 97 e 98 della Costituzione Italiana – è una cultura della trasparenza e della buona reputazione (verrebbe da scriverli in maiuscolo, Trasparenza e Buona Reputazione), perché la lotta alla corruzione può avere successo solo se è combattuta “dal basso”, dai singoli cittadini italiani.

Tano Grasso lotta da ventisei anni contro il racket, il pizzo e l’usura, per non lasciar soli gli imprenditori che con minor o maggior fatica decidono – non solo al sud – di ribellarsi alle imposizioni e ai ricatti della criminalità organizzata. Lotta non facile perché tutto dipende dalla volontà degli imprenditori che non sempre intendono collaborare con la giustizia, anzi spesso trovano conveniente convivere con chi li sfrutta e garantisce loro al contempo la possibilità di continuare a lavorare in un ambiente dove spesso chi denuncia, chi “fa l’onesto” viene emarginato dai suoi stessi concittadini. Un brutto fenomeno che sta emergendo di recente è quello di imprenditori che a loro tempo avevano denunciato i soprusi subiti dalla mafia e ora si trovano coinvolti in fatti di corruzione. Triste ma non incomprensibile, dice Grasso, perché chi è abituato a pagare il pizzo è psicologicamente più disponibile alla corruzione, perché i due tipi di illegalità hanno per l’imprenditore in comune la convenienza: conviene pagare il pizzo e conviene  pagare per corrompere. Secondo Grasso per combattere la corruzione può essere efficace il toccare gli imprenditori che non collaborano con la giustizia nei loro interessi economici, ad esempio impedendo loro per un lungo periodo di tempo di lavorare con la pubblica amministrazione; toccare il portafoglio è più efficace che minacciare pene severissime.

Di positivo c’è che sta iniziando a funzionare l’idea dell’impresa antiracket “certificata”, l’idea del valore positivo della buona reputazione, insomma. Al punto che alcuni imprenditori millantano meriti antiracket che in realtà non  hanno…

Eh, com’è difficile essere veramente onesti….

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