Alonza Alonza, detta Alonza

Tra le storie a fumetti pubblicate a puntate dal Corriere dei Piccoli nei primi anni Settanta c’erano le avventure di Zorry Kid, scritte e disegnate da quel genio bislacco che fu Benito Jacovitti. Era la parodia delle avventure di Zorro che andavano forte nei programmi televisivi per ragazzi.

Tra i personaggi di contorno c’erano il governatore della California, Don Pedro Magnapoco, e sua figlia Alonza Alonza, detta Alonza.

Una zitellona allampanata con la faccia da zitellona, abilissima nel tirare potenti schiaffoni al comandante delle guardie, il capitano Perfidio Malandero.

Caratteri fisici del personaggio a parte, nelle ultime settimane non riesco a non pensare alla “detta Alonza” e confesso che non avrei mai immaginato che Jacovitti sarebbe stato in grado di prevedere il nostro presente elettorale con più di cinquant’anni di anticipo. Roba quasi degna dei profeti ebrei dell’Antico Testamento che preannunciavano la venuta del Messia…

 

Simplesmente ir vivendo

Mi sveglio sempre presto, alla mia ormai non più tenera età. E mi leggo il giornale, Il Secolo XIX, sul telefono, ho fatto l’abbonamento online per essere aggiornato su guerre e inchieste e altre piacevolezze di moda.

E mentre prendo contatto col mondo osservo i due o tre gatti che hanno passato la notte in casa che sonnecchiano ancora un po’ sul letto o su qualche sedia, con l’aria “tu fai pure quello che devi, alzati se credi, noi ce la pigliamo comoda”.

Alla sera mentre ceno tirando un occhio a qualche telegiornale o mentre lavo i piatti, ci sono i due o tre gatti che passano la notte fuori già ben sistemati nelle loro ceste davanti al portone di casa, e da lì ascoltano i canti serali dei merli e guardano il cielo che scurisce.

E ripenso a una poesia (firmata Márcia Gil, non so chi fosse) che nel lontanissimo 1999 lessi, mi piacque e fotografai su un muro dipinto e colorato di una città del Brasile, non ricordo se São Paulo, Campinas o Salvador da Bahia, ero là per un congresso scientifico. Ne feci un ingrandimento che conservo ancora appeso su una parete della mia casa di Genova:

E a vida, o que è?

Uma caixa de surpresas

uma bolha de sabão

e uma única certeza: a morte!

E a vida, o que è?

Simplesmente ir vivendo…

Si potrebbe tradurre con “semplicemente tirare avanti” ma preferisco “semplicemente continuare a vivere”. Nel senso che non ci ho mai letto rassegnazione, non ci vedo il male di vivere in stile Montale, ma piuttosto tranquilla serenità, un incrocio tra l’atarassia epicurea e il wu wei taoista. Che è un po’ il modo di vivere dei miei gatti, mi pare.

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