Mi piace seguire un po’ il Festival di Sanremo perché sono curioso di conoscere le novità della canzone italiana. Quest’anno ho apprezzato quelle di Fiorella Mannoia, Loredana Bertè, Dargen D’Amico, Angelina Mango, Annalisa.

Molto bello nella serata delle cover il duetto del giovane genovese Alfa con Roberto Vecchioni con “Sogna, ragazzo sogna” e ottimo il finale rap di Alfa, il “giovane” che completa e conclude la canzone del “vecchio” parlando di Dio.

Dio era entrato nelle canzoni dello scorso festival grazie a un altro giovanissimo genovese: nel 2023 Olly cantava “Vedo Dio mentre pittura, che sorride perché sa che se fa una sbavatura poi non la cancellerà”. Mi era piaciuta quest’immagine di Dio che sorride quando sbaglia e non cancella i suoi errori.

Idem quest’anno con Alfa: le ultime parole del suo rap che ha concluso la canzone di Vecchioni sono state “non so chi ha creato il mondo, ma so che era innamorato”. Il Creatore innamorato. Mi piace.

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Gesù si guadagnò la condanna a morte perché non perdeva occasione per lanciare improperi contro le gerarchie ecclesiastiche del suo tempo: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno sono belli a vedersi ma dentro sono pieni di ossa di morti e di putridume. Così anche voi apparite davanti agli uomini, ma dentro siete pieni di ipocrisia e iniquità” (Mt 23, 27-28); “Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito” (Lc 11,46).

Papa Francesco non è certo perfetto ma mi piace perché, come il suo Datore di lavoro, non usa giri di parole per evidenziare le incoerenze e le ipocrisie dei benpensanti devoti e delle gerarchie religiose del tempo attuale.
Recentemente ha detto: “Nessuno si scandalizza se benedico un imprenditore che sfrutta la gente mentre si scandalizzano se benedico un omosessuale. Questa è ipocrisia”. Un applauso al Papa.

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Maurizio Maggiani: “Alla fine tutti si è giudicati, che sia Iddio a incaricarsene o chi rimane tra gli uomini, e tutti dobbiamo rispondere a una semplice, definitiva domanda: quanta vita ha generato la tua vita, e quanta morte?
Perché non c’è altra giustificazione che valga l’agire di una vita”.

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A cena in un ristorante di Be’er Sheva, in Israele, nel 2005: due italiani – Pino Petruzzelli e io – con tre israeliani: un ebreo sefardita di origine italiana, un beduino musulmano del Negev, un’araba cristiana della Galilea. Tre cittadini di Israele diversi per origini e fedi religiose ma amici tra loro, che mangiavano, bevevano, parlavano, scherzavano in perfetta armonia. Chissà se succede ancora qualcosa di simile oggi, a Be’er Sheva e in tutta Erétz Yisra’él.

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