“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando assieme. Due modi vi sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte sino al punto di non vederlo più. Il secondo è più rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dagli spazio”.

Così Marco Polo a Kublai Khan, a conclusione delle “Città Invisibili” del mai abbastanza lodato Italo Calvino, uno dei libri che vorrei avere con me dovessi naufragare su un’isola deserta.

“Ma se devo dirla tutta, qui non è il paradiso, all’inferno delle verità io mento col sorriso”. Jovanotti scrisse la canzone “Ragazzo fortunato” trentun anni fa ma è sempre tristemente attuale.

Dar spazio a ciò che non è inferno, magari mentendo col sorriso… Ogni tanto ci sono momenti in cui mi sembra di riuscire a riconoscere chi e cosa non è inferno, ci sono situazioni in cui mi viene spontaneo sorridere anche se forse si tratta soltanto di sorridenti menzogne.

Tra questi momenti ci sono le Giornate FAI di Primavera e di Autunno, in cui qualche migliaio di cittadini italiani (in stragrande maggioranza volontari che si affaticano “a gratis” per il puro piacere di fare ciò che fanno) si invexenda e mette a disposizione – cito dal comunicato stampa nazionale delle GFA della scorsa settimana – “energia, creatività ed entusiasmo per svelare la ricchezza e la varietà del patrimonio di storia, arte e natura che è in ogni angolo di questo Paese e che tutti siamo chiamati a curare e a proteggere per le generazioni presenti e future”.

Certo non è necessario essere iscritti o volontari o delegati del FAI Fondo per l’Ambiente Italiano per curare e proteggere la ricchezza e la bellezza della nostra Italia, lo si può fare in molti modi diversi pubblici e privati. Però io sono iscritto al FAI da 24 anni e delegato a vario titolo da sette e nel FAI investo buona parte del mio impegno “patriottico”, tanto o poco che sia.

L’impegno viene ripagato molto in eventi come sono state le Giornate di Autunno del 14 e 15 ottobre, che ho trascorso a Vezzano Ligure e Savona (sabato, in qualità di delegato regionale) e a Oneglia (domenica, come “narratore”). Ho ascoltato i racconti di qualche pezzetto “del patrimonio di storia, arte e natura che è in ogni angolo di questo Paese” e a mia volta ne ho raccontati altri a decine di persone con cui ho dialogato e ho scambiato pensieri e sorrisi. Sono stati due giorni in cui ho dato spazio a ciò che non è inferno, dimenticando l’infernale che esiste nel mondo, che (finora) entra in casa mia solo attraverso i tg e i giornali ma non per questo è meno reale e meno pericoloso.

Certo, mi viene il dubbio che quello che si fa e si dice in occasioni come le Giornate FAI sia poco più che sorridenti menzogne, che rallegrano e nobilitano l’anima di chi vi partecipa ma non scalfiscono una realtà generale tragica e complicata dove c’è poco spazio per i sorrisi. Quando a Oneglia descrivevo la vetrata liberty del Museo dell’Olivo “Carlo Carli” sopravvissuta alle bombe della guerra e un visitatore arrivato da Alessandria diceva che ormai ci sono migliaia di piante di olivo nell’Astigiano, mentivamo col sorriso entrambi? Forse si: io presentando un evento tragico (la guerra) come una favoletta a lieto fine (la vetrata si era salvata), lui presentando come opportunità economica ciò che è indizio di uno sconvolgimento ambientale difficilissimo da fronteggiare.

Non ho una risposta certa. So che l’inferno delle verità, quello che formiamo stando assieme, è ampio e variegato: sono le bombe e i missili che cadono ogni giorno ogni notte in giro per il mondo, è la povertà degli ultimi e penultimi della società, è la siccità che si alterna alle alluvioni, è la fuga dei popoli dai loro inferni sociali, politici, ambientali. Ma qualcosa di non-inferno da far durare, a cui dar spazio col sorriso, esiste davvero, grazie a Dio. E ogni tanto grazie anche al FAI.

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