Vendere comprare

Rivista: Gazzettino Sampierdarenese
Editore: S.E.S. – Società Editrice Sampierdarenese
Luogo di pubblicazione: Genova
Data: 10 luglio 2018

Categoria: ID:2751

Descrizione

Da qualche tempo la mia banca e un sito web da cui acquisto musica mi ripetono che il sistema operativo del mio computer è vecchio e devo cambiarlo con uno più moderno se voglio continuare a interagire online con loro “in sicurezza”. Io uso Windows Vista che non è stato messo in commercio da Claudio Tolomeo, risale al 2007; si sa che nel meraviglioso mondo del digitale undici anni sono quasi un’era geologica ma vorrei citare Giulio Andreotti che diceva “a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina”. Ecco, io forse farò peccato ma sospetto che più che i timori per la mia sicurezza, ciò che spinge lorsignori a esortarmi a cambiare software sia la necessità di vendere nuovi prodotti. Necessità non di Carige e di I-Tunes, sia chiaro, ma del “mercato globale” a cui anche loro e io apparteniamo. Io capisco poco di economia ma mi pare che il mondo attuale si regga su un ciclo ininterrotto di produzione-vendita-acquisto-consumo-distruzione-produzione-vendita-acquisto-consumo-distruzione… Ci fu un tempo in cui il valore di un oggetto stava anche nella robustezza, nel suo saper durare a lungo, oggi dopo pochissimi anni qualunque oggetto è vecchio e va cambiato, i computer come le automobili. Credo di capire le ragioni di questo andazzo: se i beni prodotti durano a lungo c’è meno lavoro per chi li produce. Se compero un frigorifero che mi dura dieci anni, gli operai che lo hanno costruito – italiani, turchi o vietnamiti poco importa – che fanno nei prossimi dieci anni aspettando che il mio oggetto muoia di consunzione? Se invece il frigo dopo tre anni si inceppa – e nel frattempo ne arriva sul mercato uno con cinque funzioni in più – sarò invogliato a buttar via il vecchio per il nuovo e gli operai avranno altro lavoro. Quindi è cosa buona e giusta che i “consumatori” acquistino-consumino-riacquistino-riconsumino per continuare a dare lavoro ai “produttori” di ogni ordine e grado. Però ho la sgradevole sensazione che sotto a questa versione profana e commerciale della divina danza di Shiva ci sia qualcosa di storto, di perverso, anche se non so bene cos’è. Ma forse è solo che sto invecchiando e divento brontolone…

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