Paesi Baltici: lontani e misteriosi…… No, lontani mancu guei (neanche guari, in italiano corretto). È Europa appena appena del Nord, appena appena dell’Est; ma un certo fascino ce l’hanno.
La loro storia, forse: l’essere nazioni piccole, con vicende di indipendenza rara e travagliata, strette fra gli ingombranti vicini russi e tedeschi; le loro lingue, anche: una è ugro-finnica, una delle 4 lingue non indoeuropee dell’Europa; le altre due sono le sole superstiti del gruppo delle lingue baltiche, che (se ho ben compreso) i linguisti considerano il più arcaico gruppo della famiglia linguistica indoeuropea, il più affine all’antico proto-indoeuropeo, il più vicino al vetero-sanscrito. Mica de gnente, eh….
Estonia-Lettonia-Lituania: nel cosiddetto “immaginario collettivo” vanno insieme, come Qui Quo e Qua, come i tre Re Magi; tre stati piccoli ma tosti, le cui regioni hanno nomi storici che fanno un po’ Prigioniero di Zenda, un po’ Marchese di Gran Bignè: Curlandia, Livonia, l’Ordine Teutonico, la Lega Anseatica…

Bel viaggio di 9 giorni nelle tre repubbliche baltiche via Berlino. Tre stati simili ma non identici, tre capitali diverse fra loro ma tutte eleganti e vitali, piacevoli e vivibilissime, tre lingue in cui imparare a dire salve e grazie (ma parlano inglese quasi tutti), tre monete diverse e un po’ confondenti, fra Lats lettone e Litas lituano (o viceversa?) Per fortuna in Estonia usano la Krooni, la corona, che è facile. Addavenì l’euro!

Grazie alla sempreottima travel agent Donatella, che prenotando voli e alberghi già da febbraio ha limitato i costi, e alle compagne di viaggio Anna da Sanremo e Rosamaria da Sestri Ponente-Nottingham, astemia guidatrice del pomeriggio (non che io mi ubriacassi, ma anche la birretta del pranzo era di troppo per i severi codici della strada baltici, quindi bello che Rosa tracannasse vodka dopo cena ma soltanto acqua caffè sigarette a pranzo). L’avere avuto una settimana intera di sole caldo senza una goccia di pioggia non so se sia stato fortuna, benevolenza degli Dei o un surplus di organizzazione di viaggio. Pensando a quei giacconi, ombrelli, calze pesanti, maglioni che ci siamo portati su e che non sono usciti dalle valige…. meglio così, dai.

In Estonia hanno troppe vocali e le ammucchiano nelle parole a casaccio; Eesti è il nome della nazione, Lahemaa un bellissimo parco naturale di pinete che sfumano in spiaggia morbida sul mare, qua e là qualche casetta in legno in stile Pippi Calzelunghe.
Bisognerebbe iniziare da Tallinn ma Lahemaa è più insolito, con quel mar Baltico basso e sabbioso come l’alto Adriatico solo che invece di avere Rimini alle spalle c’ha la Val Gardena, pini altissimi e prati di mirtilli. E siccome faceva davvero caldo (anche 27-28 gradi in pieno giorno) c’era così di estoni in costume in spiaggia e in acqua, e facevano bene. Pensare che d’inverno questo mare gela…
Tallinn ha un centro storico medievale benissimo conservato-restaurato, ha le mura con torri tonde coi tetti conici rossi che pare una città tedesca (la storia, si…), ha strade lastricate e pedonali, palazzi decorati e colorati, un “castello” panoramico sui tetti antichi, la piazza del Municipio larga e animata che ricorda Varsavia, e grattacieli american-style in vetro azzurrino appena fuori le mura. Insomma, una piccola bellissima città europea al 100%, che se proprio non lo sai puoi anche non accorgerti che ci sono stati 50 anni di comunismo sovietico. La gente è cugina dei finlandesi e si vede, nei colori dei capelli e della pelle, nella generale bellezza delle donne (anche degli uomini, credo), nell’ordine e nella pulizia delle strade, nella tranquillità della guida, nell’astruseria della lingua. E nella notte-che-non-c’è: il buio più buio, intorno all’una, era come alle 10 di sera qui. Alle 4,30 un sole splendente illuminava la camera fintamente abbuiata dalle tende alle finestre; che col bujone senza fine che hanno d’inverno ben si capisce che poi anelino alla luce estiva. A noi, italiani del 44° parallelo, questa mancanza di stelle anche nelle ore più piccole della notte, questo crepuscolo che si fa subito alba senza passare dal via, un po’ disturbava. Ma è la Scandinavia, baby, e l’Estonia è senz’altro Scandinavia.
Ricordi del passato? Beh, i russi, che sono una percentuale non trascurabile della popolazione, parlano e scrivono e mangiano russo e hanno qualche problema di cittadinanza (gli estoni, come i lettoni, hanno ancora il dente avvelenato contro la plurisecolare dominazione russa e non fanno molto per nasconderlo). C’erano stati incidenti poche settimane fa, a Tallinn, fra estoni-estoni ed estoni-russi, per questioni storico-politiche. Ma son cose che il turista non percepisce, al massimo apprezza il buon ristorante russo del centro e si diverte a entrare nel pub ex-ritrovo dei funzionari sovietici che degli anni d’allora ha conservato i tristissimi divani in pelle nera.
Buona la birra; da assaggiare anche se non fa impazzire il Vana Tallinn, che è un amaro un po’ dolciastro. Curiosa la Fiat Panda 4×4 rossa, esattamente come la mia, posteggiata con targa diplomatica davanti al portone dell’ambasciata d’Italia. Ottimo l’aver trovato Asterix in estone, da aggiungere alla mia simpatica collezione di fumetti di Asterix nelle varie lingue d’Europa.

La Via Baltica, col nome europeo di E67, è la strada quasi diritta e poco trafficata che unisce EST-LV-LT con la Polonia e il resto d’Europa a sud. Lunghi tratti nei boschi, chilometri di pini abeti e betulle, magnifiche distese di prati colorati dal blu dei lupini in fiore, qualche laghetto, scorci di spiagge sabbiose e basse dove il bosco si fa mare senza un vero confine, case e cascine coi tetti in legno o più raramente in paglia, scorci di periferie ex-sovietiche di casermoni biancastri, mucche e cicogne al pascolo nei prati, altre cicogne incicognate in cima ai loro nidi grossi e legnosi sui camini e sui pali della luce. Due frontiere tranquille e veloci da oltrepassare, giusto un’occhiata alle facce sui passaporti (basta la carta d’identità, comunque) e un sorriso del doganiere, come si usava al confine con la Francia prima di Schengen. La guida verde del TCI diceva che “dopo l’ingresso delle tre repubbliche nell’Unione Europea le code alla frontiera durano soltanto un’ora”… ma che un’ora, basta un minuto e via.

La Lituania (Lietuva) è la più a sud ma per ragioni di costo del biglietto aereo di ritorno, da Tallinn siam scesi a Vilnius, risalendo a Riga successivamente.
Lituania per nulla scandinava e piuttosto slava, simile alla confinante Polonia con cui ha condiviso secoli di storia e di cultura: meno foreste di conifere e più campi coltivati, volti e fisionomie slavi (quindi anche ragazze belle dalle lunghe gambe ma donne adulte cicciotte e un po’ chiatte), automobili guidate con la disinvoltura slava e non con l’ordine scandinavo, strade appena fuori del centro storico di Vilnius coi marciapiedi sbrecciati (ma al di là del fiume ecco i soliti palazzoni in vetro stile downtown Chicago, che se una città del XXI secolo non ha qualche grattacelotto cementovetrato che sberluccica al sole si sente menomata); poi il cielo che si fa nero per un po’ della notte e si vedono le stelle, tantissime chiese cattoliche e ortodosse in un tripudio di barocco che pare Roma, l’unica sinagoga sopravvissuta ai massacri nazisti della più importante comunità ebraica dell’Europa Orientale, pani neri di segale profumati e quasi dolci… Ristoranti affollatissimi alla sera, sarà anche un po’ disordinata la capitale lituana ma non manca certo di vita e vitalità. Assaggiati gli “zeppelin”, gnocconi di patate ripieni piuttosto mappazzosi, ma anche i canederli trentini mappazzano, no?
Fuori della capitale è magnifico Trakai, castello medievale da cartolina su un’isoletta nel mezzo di un bellissimo lago verde e blu. Bello il contesto naturale, il paesaggio, e curiosa la presenza nel borgo lacustre di qualche centinaio di Karaiti, gente di etnia turca del Kazakhistan di religione ebraica; molto tempo fa si spostarono in Crimea indi qui in Lituania. C’è la cucina caraita (unta e indigesta, pare) e una pseudo-sinagoga, ma dev’essere una variante non ufficiale dell’ebraismo, il loro.
Poi Kaunas, seconda città della Lituania, più tranquilla di Vilnius, graziosa; acquistati tovaglie e pigagette in lino, che il lino del Baltico è celebre; come l’ambra, diffusissima e bella.
Infine l’incredibile Collina delle Croci, che non credo sia necessario essere cattolici e credenti per avvertire la suggestione emotiva di quel montarozzo di terra perso nella campagna e ricoperto di migliaia, magari milioni di croci di tutte le dimensioni, fogge, stili e materiali. Una forma di religiosità patriottica (i sovietici la spianarono due volte, e sempre rinacque) e più pagana che trascendente, ma che male c’è, in fondo, ad essere un po’ pagani?

Riga è la più metropoli delle tre capitali: vivacissima, animatissima, piena di giovani di tutt’Europa, una di quelle città che trasudano joie de vivre da ogni angolo di strada. Un fiume, la Daugava, che è la sorella del Danubio di Budapest, campanili altissimi appuntiti, musiche e vociare di ragazzi a ogni ora della luminosa notte nel centro storico tutto pedonale, voci tanto lettoni quanto russe della folla mattutina nel popolare grande mercato alimentare che occupa gli hangar in cui venivano costruiti i dirigibili Zeppelin, un gran viavai di matrimoni e invitati coi tacchi alti e bouquets di fiori in mano, uno splendore di architettura Jugendstil sia nel centro storico sia nei viali del centro moderno un po’ parigino. Qui come a Vilnius, e non come a Tallinn, si notano nei sottopassaggi e intorno al mercato un po’ di donnette dall’abbigliamento modesto che vendono cosucce; i perdenti del nuovo capitalismo, quelli che sotto i comunisti probabilmente vivevano meglio che oggi. O almeno tanto male quanto ora, ma anche gli altri vivevano male, anche quelli che ora guidano i Suv, dannazione dell’Occidente burino e cafone.
Comunque resta incresciosa la mancanza di Asterix nelle librerie lettoni e lituane. Ammirevole per contro la varietà di pane di segale e di altri cereali fantasiosi.
Intorno alla capitale della Lettonia (Latvija) c’è il mare bassissimo e sabbioso dell’elegante Jurmala, c’è un po’ degl’inevitabili quartieri popolari ex-comunisti, c’è la verde valle “svizzera” di Sigulda con un bel fiume boscoso e ruderi di castelli e chiese in legno, c’è il palazzo baroccorococò di Rundale, voluto dall’allora Duca di Curlandia, che col fatto di essere l’amante della zarina si credeva di poter fare ciò che voleva. Poi la zarina morì improvvisamente e lui si trovò immantinente deportato in Siberia. Ma ebbe fortuna, dopo parecchi anni tornò al suo palazzo quasi francese.
Nei bar di Riga c’è il Riga Balzams, un amaro denso, nero e amarissimo. Da provare come il Vana Tallinn ma da dimenticare dopo averlo bevuto una volta. Meglio, come sempre, la birra locale.

Fatte 640 foto, noi, senza contare le centinaia di Anna e le decine di Rosamaria. Il digitale libera i freni inibitori, tanto non le paghi….
Pensa un po’ invitare tutti a vederle, tutte 640, come si faceva con le diapositive quando si era giovani….

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