Questa vicenda risale a qualche mese fa ma il concetto di fondo rimane interessante: un giorno di luglio ero a Firenze e – parafrasando il Poeta – ibam forte via Romana, nescio quid meditans nugarum, quando sono passato davanti alla Specola, vulgo il Museo di Scienze Naturali dell’Università, e sono stato attirato dentro dal manifesto di una mostra in corso: “Gioielli a 6 zampe – l’arte per selezione naturale”. Erano esposti qualche decina di esemplari di coleotteri e farfalle di specie tropicali “belle”. Anzi, “belle e colorate”. La ragione della mostra era esattamente questa, la colorata bellezza di questi animali. Cito dall’opuscolo informativo: “Nella foresta tropicale vivono insetti che hanno sviluppato forme e colorazioni talmente sorprendenti da superare qualunque immaginazione, così nelle persone comuni come negli studiosi, che spesso non riescono a spiegare il significato di tanta bellezza…. sono storie fatte di adattamenti, strategie, talvolta misteri, e tutti insieme delineano anche una piccola storia naturale del “bello” cercando di dare un senso ad alcune delle inspiegabili traiettorie dell’evoluzione”.

Ecco, il “bello”, le “inspiegabili traiettorie dell’evoluzione”…

Perché quegli insetti, quelle farfalle, quei coleotteri, alcuni piccini altri grossi, erano (sono) veramente splendidi. Veri gioielli, chi tra Voi Lettori lavora nella gioielleria e nelle arti figurative in genere avrebbe avuto (la mostra è finita in settembre, sono in ritardo lo so…) di che meravigliarsi e prendere interessante ispirazione.

Ovvio che venga da chiedersi perché tanti animali, presumibilmente insensibili al fascino dell’arte, abbiano sviluppato corazze, ali, strutture la cui qualità che balza evidente per prima è la bellezza. Gli entomologi espositori hanno ammesso sinceramente che le ipotesi evolutive che si fanno sul perché di tanta policroma bellezza (richiami sessuali, segnali di minaccia e di difesa, mimetismo…) sono sensate e ragionevoli ma non cancellano proprio ogni perplessità, In particolare nei casi di specie notturne, che agiscono in situazioni in cui i colori non si vedono niente o molto poco, e fra di essi c’è chi trascorre il giorno sepolto sotto terra… A che serve avere elitre rosso brillante sfumate di verde iridescente se nessuno ti vede? Un uniforme color grigio topo non andrebbe bene uguale?

E allora ognuno può provare a darsi – se lo desidera – eventuali altre possibili spiegazioni oltre alle logiche, realistiche, sensate, opportune, ragionevoli, indispensabili motivazioni etologiche ed evolutive di cui sopra. E se la bellezza avesse un valore di per sé? Un valore a prescindere dalla funzione dell’oggetto bello e a prescindere anche dalla presenza di qualcuno che si accorga di questa bellezza. Bellezza come costituente fondamentale dell’universo, una grandezza fisica come la massa, come l’energia, come la velocità della luce e lo spin degli elettroni, come l’entropia e la costante di Planck… Anche se non esistesse nessun essere pensante ad ammirare la bellezza della natura, essa esisterebbe lo stesso, così come massa energia velocità entropia esistono indipendentemente dal fatto che su qualche pianeta ci sia chi scrive equazioni e fa calcoli per definirle e misurarle.

O forse, almeno un essere pensante che ammira e apprezza la bellezza delle elitre dei coleotteri e delle ali delle farfalle c’è sempre anche in assenza di entomologi e di mostre naturalistiche, ed è lo stesso essere che ammira sempre, da sempre, per sempre, la bellezza della costante di Planck e dello spin degli elettroni: Dio.

(Scritto il 3 novembre 2016)

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